di Marco Zonetti
Shining, film di Stanley Kubrick uscito nel 1980, da oltre quarant’anni toglie il sonno a milioni e milioni di spettatori. Non soltanto per essere stato tratto dal romanzo omonimo del re dell’horror Stephen King, ma poiché rappresenta un enigma nell’enigma, specie nella sua scena finale.
Il regista non per nulla è Stanley Kubrick, uno dei cineasti più amati (e detestati), studiati e commentati della storia del Cinema, autore di pellicole da sempre oggetto di analisi divisive e di elaborati e accesi dibattiti. Se, come sottolinea Umberto Eco nel suo Trattato di Semiotica Generale, l’opera d’arte per essere ritenuta tale dev’essere ambigua e autoriflessiva, senz’altro tutta la filmografia di Kubrick merita ampiamente questa definizione. E nella tutto sommato ridotta produzione del regista americano naturalizzato britannico, spicca ovviamente il film Shining.
Chi ha letto il romanzo di King (cui l’opera di Kubrick non piacque affatto, ma tant’è), trova nella sua versione cinematografica datata 1980 una serie piuttosto cospicua di modifiche, di stralci e di aggiunte, quali per esempio l’ultima scena nella quale vediamo il protagonista Jack Torrance (o qualcuno che gli assomiglia molto) immortalato durante un ballo del 4 luglio in una foto datata 1921. Considerando il fatto che la vicenda di Shining si svolge negli anni Settanta, si capisce come quell’ultimo fotogramma abbia suscitato all’epoca della sua uscita, e susciti a tutt’oggi, un mare d’interpretazioni fra le più disparate.
Il finale stravolto rispetto al romanzo di King ha dato infatti origine a una rapsodia di teorie d’ogni genere, ma la più plausibile resta quella che vede nell’ultima scena l’omaggio a una pellicola svedese del 1921, Il Carretto Fantasma (The Phantom Carriage) del regista Victor Sjöström. Il Carretto Fantasma contiene infatti una sequenza praticamente identica alla celebre scena di Shining in cui il protagonista (Jack Nicholson) cerca di sfondare con un’ascia la porta dietro la quale si nasconde terrorizzata la moglie Wendy (Shelley Duvall). Messi a confronto, i due frammenti sono quasi sovrapponibili (qui il video su YouTube), dunque non è un’idea così peregrina che, con quella foto fregiata dalla didascalia “1921”, Kubrick possa aver voluto omaggiare proprio il regista che gli ha ispirato una delle sequenze cinematografiche più note di sempre.
Sarebbe poetico immaginare che quell’ultimo fotogramma così tanto dibattuto sia in realtà un segreto tributo a un altro cineasta, e in ultima analisi l’ennesimo atto d’amore di Stanley Kubrick per il cinema.
Shining di Stanley Kubrick – La trama
Dopo aver perso il lavoro d’insegnante d’inglese per problemi di alcolismo, lo scrittore Jack Torrance (Nicholson) si trasferisce con la moglie Wendy (Duvall) e il figlioletto Danny (Lloyd) in un hotel sulle Montagne Rocciose, l’Overlook, quale guardiano d’inverno, stagione in cui l’hotel resta completamente deserto e isolato. Jack ignora che proprio in quel luogo, qualche anno prima, un suo predecessore impazzì sterminandovi l’intera famiglia. Ma l’Overlook hotel, ancora “impregnato” di quanto accadutovi, rivela presto la sua “verità” attraverso inquietanti apparizioni.
Mentre gli spaventosi fenomeni fanno emergere le latenti facoltà extrasensoriali del piccolo Danny (lo shining, “luccicanza”, ovvero la preveggenza), Jack sprofonda in una progressiva schizofrenica follia, sino a divenire un pericolo mortale per moglie e figlio, isolati ad alta quota da una tempesta di neve e senza alcun aiuto su cui contare. O forse sì…
Shining (The Shining, horror, USA/GB, 1980) regia di Stanley Kubrick. Con Jack Nicholson, Shelley Duvall, Danny Lloyd, Scatman Crothers, Barry Nelson, Philip Stone, Joe Turkel, Anne Jackson, Tony Burton, Lia Beldam, Billie Gibson, Barry Dennen.