Più di 25 anni fa la Dichiarazione di Pechino sancì per l’ONU l’uguaglianza tra donne e uomini. Ma se da allora si sono avuti indubbi progressi, resta ancora un ampio divario da colmare: la parità salariale, definita tecnicamente “differenziale retributivo di genere non rettificato”, poiché al netto di tutte quelle variabili che lo influenzano, come le differenze in termini di istruzione ed esperienza sul mercato del lavoro. Per questo motivo l’Organizzazione per le Nazioni Unite ha inserito il problema dell’uguaglianza di genere tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS), quindi tra i nostri impegni futuri. Una sfida in cui l’Italia sembra a un passo dal vincere, ma le statistiche vanno interpretate. Così quel 5% che ci pone in vantaggio rispetto ad altre nazioni dell’Unione, che si ricava dalla partecipazione femminile al mondo del lavoro in Italia: ancora troppo poco diffusa e inarticolata per fornire un riscontro organico.
Origini e importanza della Festa della donna
La Festa della donna, che celebriamo puntualmente l’8 marzo, non ricorda solo le conquiste del passato, ma anche quanto ancora resta da fare sulla parità di genere. E non basta riferirsi solo al nostro paese, dove comunque si susseguono femminicidi a un ritmo allarmane, perché sono ancora troppi i paesi nel mondo in cui nascere femmina è addirittura una iattura.
La Festa della donna è legata dal 1909 alla lotta per i diritti femminili, rafforzata dal ricordo di quando, nel 1911, un incendio scoppiato in un’industria tessile di New York ebbe il grave bilancio di 146 vittime di cui 123 donne e 23 uomini. L’episodio segnò uno spartiacque: da allora l’opinione pubblica iniziò a interrogarsi su sicurezza e diritti delle lavoratrici. La data dell’8 marzo è stata poi scelta in seno alla Seconda conferenza delle donne comuniste, tenutasi a Mosca nel 1921, per commemorare la manifestazione di San Pietroburgo dell’8 marzo del 1917. In Italia, l’Unione Donne Italiane (UDI) ha infine conciliato il ricordo del passato con la festa di una nuova conquista; nel 1945, l’unione propose infatti di celebrare la ricorrenza come una giornata speciale nelle zone dell’Italia liberata. Da allora, la mimosa ne è diventata il fiore simbolo.
Il Parlamento europeo contro la differenza retributiva di genere
Le donne europee guadagnano in media in un’ora di lavoro almeno il 12,7% in meno degli uomini. Esistono poi grandi differenze tra gli Stati membri: nel 2021 il divario retributivo di genere più elevato si è avuto in Estonia (20,5%), mentre la nazione dell’UE con il divario retributivo di genere più basso è stata la Romania (3,6%). Il Lussemburgo solo recentemente è riuscito a colmare il suo.
Su questa base, nel dicembre 2022 i negoziatori del Parlamento con i paesi dell’UE hanno concordato che le aziende europee avrebbero dovuto da quel momento condividere informazioni per favorire il confronto dei salari nella stessa azienda, rivelando così i divari retributivi di genere. Un’iniziativa sfociata a distanza di un anno in una normativa sulle misure vincolanti di trasparenza salariale: se la rendicontazione salariale mostra un divario retributivo di genere di almeno il 5%, i datori di lavoro saranno tenuti a una valutazione congiunta con i rappresentanti dei lavoratori. Normativa che delega ai paesi membri il compito di imporre sanzioni ai datori di lavoro inadempienti. Ma di tutto ciò si è ancora in attesa dei decreti attuativi.