Si è svolto ieri un sit-in di protesta nella piazza antistante il Pantheon a Roma, in una delle giornate di sciopero indette dai giornalisti dell’AGI, l’agenzia giornalistica Italia sulla sua probabile cessione al gruppo che fa capo ad Antonio Angelucci da parte dell’ENI, il colosso dell’energia in Italia con propaggini all’estero, a compartecipazione statale poiché di proprietà del Ministero dell’Economia e della Cassa depositi e prestiti. Oltre ai giornalisti direttamente coinvolti, alla manifestazione hanno partecipato anche l’Fnsi, la Federazione nazionale della stampa italiana, e Stampa romana, l’organizzazione sindacale che rappresenta giornalisti e giornaliste che operano sul territorio laziale. Oltre all’Ordine dei giornalisti e una folta schiera di esponenti dell’opposizione tra cui Giuseppe Conte, Carlo Calenda, Andrea Orlando, Pier Luigi Bersani, Nicola Fratoianni, Alessio D’Amato e Riccardo Magi.
Il messaggio all’ENI del Comitato di redazione dell’AGI
Come il Fatto Quotidiano rilancia, “Da settimane – ha scritto il Comitato di redazione dei giornalisti dell’Agi, la seconda agenzia di stampa in Italia – l’assemblea di redazione dell’Agi domanda all’editore di fare chiarezza sulla manifestazione di interesse pervenuta per il possibile acquisto dell’agenzia e chiede alle istituzioni come sia possibile che una società partecipata dello Stato possa cedere un suo ramo d’azienda – che percepisce fondi pubblici per le sue convenzioni – con una trattativa privata in assenza di un bando di gara a tutela della trasparenza dell’eventuale operazione”. I redattori dell’Agi chiedono anche la difesa “dell’autonomia e dell’imparzialità dell’informazione primaria”.
Una vicenda, questa, che ha indotto Giuseppe Provenzano, parlamentare del PD, a presentare un’interrogazione al Ministro dell’Economia Giorgetti, e alcuni eurodeputati dem a sottoporre la questione alla Commissione europea, a pochi giorni dall’approvazione all’unanimità dell’EMFA (European Media Freedom Act) la legge europea a tutela della libertà di stampa dell’Unione Europea, da ratificare, come per prassi, entro i prossimi due anni.
Il ruolo dell’ENI
L’Eni, da par suo, non smentisce le trattative, ma ne ribadisce la non esclusività, aperta com’è a nuove offerte; nonostante i profitti maturati non giustifichino dismissioni di alcun tipo, tanto meno l’opacità dell’operazione. “In generale ENI, come il Post fa notare, ha da sempre una forte presenza su quasi tutti i giornali e media nazionali perché compra moltissima pubblicità, preziosissima per il sostentamento delle testate in tempi di grave crisi per l’editoria, e sembra poi beneficiare di una certa indulgenza quando ci sono notizie e soprattutto controversie che la riguardano”; fattore che ha determinato per certo un suo intervento preventivo sulla divulgazione dell’inchiesta Big Oil in Petrolio, la trasmissione di giornalismo d’inchiesta condotta da Duilio Giammaria il martedì in prima serata su Rai3, del 27 febbraio scorso.
Ciò che ha dunque indotto l’iniziativa dei deputati dem è la natura eminentemente politica dell’operazione che porterebbe all’ennesima concentrazione di media sotto il controllo del nucleo di potere attualmente al governo.
Antonio Angelucci: da Forza Italia di Berlusconi alla Lega di Matteo Salvini
Imprenditore di spicco della sanità privata capitolina, “l’ex portantino del San Camillo che ha messo in piedi uno dei più grandi gruppi sanitari privati pagati dai contribuenti”, come lo definisce l’Espresso, Antonio Angelucci siede sugli scranni parlamentari da ormai 16 anni, scrive il Post, prima con i partiti di Silvio Berlusconi e poi dal 2022 con la Lega di Matteo Salvini. Anche se il verbo sedere per lui sarebbe improprio per il record di assenteismo che vanta: negli anni da deputato è stato assente nel 99,8 % delle votazioni a cui avrebbe dovuto partecipare. È il parlamentare italiano più ricco in assoluto poiché al vertice di Tosinvest, il gruppo finanziario di famiglia con proprietà e interessi diversificati nel tempo. Che negli ultimi tempi ha intrapreso un’espansione per certi versi inaspettata nell’editoria: “Libero lo possedeva già dal 2001, nel 2016 prese anche Il Tempo e solo l’anno scorso Il Giornale. Oltre ad AGI, da mesi circolano notizie – da prendere con cautela ma con qualche concretezza – di un suo interessamento per Radio Capital, al momento del Gruppo Gedi”.
La natura di un’agenzia di stampa
“Angelucci non è il primo parlamentare a possedere dei giornali, come sottolinea il Post, ma avere un’agenzia di stampa così grande e importante è un’altra cosa: le agenzie di stampa sono servizi che forniscono le notizie a chi dà le notizie, cioè ai giornali, che si abbonano in cambio dei cosiddetti “lanci” d’agenzia, notizie brevi e puntuali che vengono usate spesso come base da approfondire e arricchire per arrivare a farne articoli. Alle agenzie è richiesta la massima imparzialità e uno stile molto asciutto, in modo che poi i giornali possano decidere se e come dare il proprio stile o una certa interpretazione a una notizia. È a garanzia di questa auspicata indipendenza, per esempio, che la principale agenzia di stampa italiana, cioè l’Ansa, è di proprietà di una cooperativa composta da tutti gli editori dei quotidiani italiani. Tutto questo naturalmente vale in teoria: nella pratica i risultati possono variare”.
Come lo Stato finanzia una parte dell’informazione in Italia
E se la proprietà editoriale di Libero, Il Giornale, Il Tempo e il Corriere dell’Umbria non bastasse “ci sarebbe, scrive il Post, un altro grosso problema di conflitto di interessi per Angelucci, che riguarda il modo in cui si sostengono economicamente le agenzie di stampa: proprio per via del ruolo fondamentale che gli viene attribuito, la grandissima parte dei loro guadagni dipende da fondi diretti o indiretti dello Stato, con modalità stabilite dal governo di turno (in questo caso quello sostenuto da Angelucci). Quelli diretti sono in sostanza finanziamenti a fondo perduto che vengono assegnati sulla base soprattutto del numero di dipendenti di un’agenzia e della quantità di lanci prodotti (criteri contestabili perché esclusivamente “quantitativi”, con rari tentativi di valutare la qualità del lavoro). Quelli indiretti, minori, vengono invece dati attraverso gli abbonamenti al notiziario delle agenzie che fanno le pubbliche amministrazioni (regioni, comuni, ecc). Oltre a queste due, l’altra grossa fonte di ricavi per le agenzie sono gli abbonamenti dei giornali al loro notiziario”.
Libero, proprietà di una fondazione senza scopo di lucro
In questo quadro Libero merita un discorso a parte “perché è formalmente di proprietà di una fondazione senza scopo di lucro, la Fondazione San Raffaele, di proprietà del gruppo Angelucci. Questa forma societaria viene usata strumentalmente per accedere ai contributi pubblici diretti ai giornali, per i quali Libero ha preso quasi 3 milioni e 400mila euro per il 2022 (ultimo anno per cui sono stati assegnati i fondi), nonostante i proprietari del giornale siano ben riconoscibili e siano imprenditori. Anche qui come parlamentare di maggioranza Angelucci ha un grosso conflitto di interessi, visto che è il governo a stanziare i fondi per i giornali. Tra novembre e dicembre dell’anno scorso Angelucci fece persino parte per quasi due mesi della commissione Cultura alla Camera, quella che si occupa proprio di fondi all’editoria”.