Ispirato alla migliore tradizione della divulgazione e del giornalismo d’inchiesta a firma Rai, Petrolio, con Duilio Giammaria dal 2013, torna questa alle 21.20 su Rai3 per trattare, con metodo scientifico, di transizione ecologica. Dopo il ripetersi di eventi catastrofici causati da mutazioni climatiche, con danni stimati per circa 110 miliardi, e le 80000 vittime accertate per l’inquinamento solo in Italia, Petrolio esamina le soluzioni possibili, e soprattutto affidabili. Nella consapevolezza che già cinquant’anni fa le Big Oil, le multinazionali petrolifere, previdero l’innalzamento della temperatura terrestre senza renderne conto all’opinione pubblica.
Un format scientifico per trattare di scienza (ma non solo)
Una carriera spesa tra le zone di conflitto in Iraq e Afghanistan, la direzione di Rai Documentari e dieci anni di Petrolio; Duilio Giammaria parla della sua “creatura” all’Ansa come di in programma lontano dai talk show; dal carattere assertivo, comunitario, pensato per il pubblico della televisione, che si ispira alla tradizione della migliore divulgazione scientifica e dell’inchiesta giornalistica del servizio pubblico. Un format in cui l’inchiesta in immagini si fonde con la divulgazione tralasciando il dibattito costruito sulle parole. Dando così espressione alla comunità scientifica internazionale, i suoi più comprovati studi, gli aggiornamenti di punta e le migliori ricerche. Al fine di restituire senso a questioni di difficile comprensione. “Siamo ubriacati dalle parole” ha dichiarato Giammaria all’Ansa. Quindi basta commenti: partiamo dai fatti per essere certi di ciò di cui si sta trattando.
L’intervento dell’Eni sull’inchiesta Big Oil
Se solo Petrolio avesse affrontato il problema della transizione ecologica sarebbe insorta quantomeno Coldiretti. Sull’impianto del reportage giornalistico di questa sera è invece intervenuta addirittura l’Eni , cui non piace che si parli di petrolio in un programma d’approfondimento in prima serata televisiva, come riporta Il Fatto Quotidiano. Riferendosi a una trasmissione realizzata grazie alla sinergia di tre grandi network televisivi pubblici, Pbs (Usa), Bbc (Gran Bretagna), Arte (Francia-Germania), su un’inchiesta che svela come l’industria petrolifera abbia orchestrato per decenni una sistematica campagna di disinformazione per insinuare dubbi sulla relazione tra combustibili fossili e riscaldamento climatico.
“Era il 1965 – settant’anni fa – quando arrivò sulla scrivania dell’allora presidente americano Lyndon B. Johnson il primo documento che metteva in connessione il cambiamento climatico con l’aumento di Co2 in atmosfera” racconta Il Fatto. “Negli anni seguenti, uno studio scientifico realizzato dai ricercatori della Exxon, una delle grandi compagnie petrolifere globali, confermava l’influenza sul clima del consumo di combustibili fossili. I dati furono tenuti nascosti. Le previsioni dell’epoca – viste oggi – erano sorprendentemente precise. Se si fosse diffusa già allora la consapevolezza sui rischi climatici, sarebbe stato possibile adottare per tempo politiche utili a limitare l’uso di petrolio, gas e carbone, programmando una descalation che avrebbe consentito di limitare i danni. Oggi il mondo sarebbe forse ancora in grado di evitare l’aumento delle temperature sopra la fatidica soglia del grado e mezzo”.
E sulla base della prima “climate litigation” (azione legale collettiva) intrapresa in Italia da ReCommon e Greenpeace contro l’Eni – i cui rappresentanti erano stati invitati a intervenire in trasmissione – la compagnia petrolifera italiana, declinando l’invito, ha preferito la lettura di un testo concordato. Avvertendo, prima ancora di vedere l’inchiesta, che Eni non tollererà “accuse inaccettabili” che “saranno demolite” in altre (non meglio specificate) sedi.