Threads, il nuovo social nato da Instagram per diventare il “rivale” di X, meglio noto come Twitter, sta rivelando più di una sorpresa. Al netto dei numerosi interventi di social-addicted sempre alla vana ricerca di conferme narcisistiche, si scoprono interessanti iniziative come la più democratica delle masterclass di cinema, a firma Gabriele Muccino.
Il regista, di fama e attività internazionale, da due settimane asseconda la “voglia di cinema” che traspare da molti threads, a dimostrazione di quanto il grave danno da pandemia che il settore ha subito sia ormai alle nostre spalle. Con delle “pillole” di cinema che alla voce #threadCinemaMasterclass descrivono, in un linguaggio comprensibile ai più, le varie fasi della produzione di un film: dall’idea che deve trasformarsi in un soggetto e, necessariamente in sceneggiatura, alla scelta degli attori e al loro dialogo empatico su un set; dal metodo alla tecnica cinematografica; dalla produzione alle fasi successive.
Ivi compresa quella in cui il prodotto viene sottoposto alla visione di un campione rappresentativo di pubblico, per apportarvi le eventuali migliorie. Dedicando un cenno anche al piano marketing che ne sosterrà il lancio sul mercato. Senza lesinare considerazioni sulla storia del cinema e della televisione (dove il regista debuttò giovanissimo), e sull’importanza della verità della comunicazione cinematografica – sia essa gestuale o verbale – sul doppiaggio e gli altri fattori che distinguono il nostro cinema da quello americano.
Utile per gli aspiranti registi anche leggere come Muccino riuscì a convincere Domenico Procacci, il patron di Fandango, a investire sul suo primo progetto: Ecco fatto, film del 1998.
Piace dunque sottolineare come da un social che privilegiava le immagini – a discapito dei concetti – si sia tornati a esprimerne, senza troppi limiti tecnici. Vero è che Twitter “addestrò” alla massima sintesi tutti gli aspiranti “scrittori” di quel “popolo di poeti, di artisti …”(e lì anche di politici) che siamo. Ma che sui social si tornasse a dialogare concettualmente – e di arte – sembrava roba per sognatori.