Una palestra per il pensiero critico: ciò che era un tempo la scuola. E solo chi ha vissuto una vita a coltivarlo, fruirne e scriverne può capire il valore del pensiero critico. Mi riferisco a Corrado Augias che, nel “passaggio” dalla Rai a La7, vi debutta lunedì 4 dicembre con La torre di Babele. Un progetto ambizioso se considerato in relazione all’offerta della concorrenza: “in ogni puntata” recita la presentazione, “Augias affronterà un grande tema storico, culturale, politico, economico e i suoi risvolti sull’attualità, sulla vita di ogni giorno e sul mondo che verrà. Un salotto in cui non mancheranno libri, servizi esterni, interviste, animate dalla solida competenza degli ospiti per condividere notizie fondate, seminare dubbi leciti e stimolare il pensiero critico”.
Autorevole voce “culturale” dei nostri media, capace di spaziare tra storia, arte, musica, attualità e politica, Corrado Augias confessa in un’intervista l’entusiasmo di un debuttante nonostante età e carriera. A dimostrazione del fatto che talvolta giova cambiare l’ambiente in cui ci si muove. Anche se a mutare sarà solo quello televisivo. Augias continuerà infatti a scrivere per le principali testate e case editrici italiane e a condividere le sue preferenze letterarie contemporanee ne La mia Babele, stimolante rubrica letteraria del Venerdì di Repubblica; giornale che ha contribuito a costruire, al cui fondatore Eugenio Scalfari dedica il migliore dei ricordi (ed elogi, sulla scia di quanto ha fatto anche Giovanni Valentini nel suo Il romanzo del giornalismo italiano).
Di Babele in Babele
Simbolo dell’incomunicabilità, origine della dispersione di lingue e genti, la Torre di Babele ricorre nella carriera di Corrado Augias a mo’ di vezzo. Proprio la pregnanza del suo significato fa sì che negli anni Novanta Augias le intitoli una delle grandi scommesse e successi della Rai di quei tempi: Babele. Trasmissione della seconda serata di Rai3 (in onda dal 6 aprile 1990 fino al giugno 1993 ) per la quale Augias dovette imporsi ad Angelo Guglielmi, colto direttore di rete di allora, che obiettò sull’opportunità di combinare il linguaggio letterario con quello televisivo. Ma forte dell’esempio di Apostrophes di Bernard Pivot su Antenne 2, come riferisce il critico televisivo del Corriere della Sera Aldo Grasso nella sua Storia critica della televisione italiana, Augias vinse la scommessa creandovi un raccolto salotto letterario dove presentare libri, conversare su un tema con linguaggio diretto, grazie alla presenza di ospiti in studio, con un pizzico di teatralità in più dell’esempio d’oltralpe. Distinguendosi negli anni per il suo pregio stilistico, e per la capacità di suscitare l’interesse per la lettura nel pubblico televisivo.
Una questione di registri espressivi
La comunicazione, al di là dei contenuti, è fatta di registri espressivi. Se vi si prescinde, la comunicazione diventa fine a se stessa. Ma al di là di questa semplicistica considerazione, la televisione è stata per decenni “maestra” di comunicazione. Il solo porsi il problema dell’entrare nelle case degli italiani, e di farlo con discrezione, fu ciò che rese grandi molti suoi “pionieri”. E Corrado Augias ne ha ricordato l’attitudine nell’intervista a Simonetta Fiori sull’ultimo Venerdì di Repubblica: “la gente ha una gran voglia che qualcuno gli racconti degli oggetti culturali, in un modo che tutti possano comprendere ed eventualmente approfondire. Ma per farlo bene, devi seguire due regole fondamentali. La prima è che devi spogliarti completamente di te diventando una specie di avatar, uno strumento al servizio di un libro, di una sinfonia o di una città: regola disattesa dai molti che preferiscono illustrare se stessi”. Devi poi sempre “soppesare che tipo di uditorio hai davanti: se competente, puoi lasciarti andare a riferimenti alti, altrimenti mescoli registri diversi”.
La divulgazione è seduzione
Così Corrado Augias riconosce proprio alla lettura di un libro, L’ora di lezione. Per una erotica dell’insegnamento di Massimo Recalcati, il merito di avergli suggerito la necessità di sedurre il pubblico, soprattutto quando si trasmette cultura. Qualunque ne sia l’argomento, ciò che infatti rende efficace la divulgazione è la capacità di affascinare, modellando la comunicazione sul registro espressivo adatto al pubblico del momento, seducendolo esattamente come si fa a teatro.
La7, palestra del pensiero critico
Così anche Corrado Augias si aggiunge alla lunga lista di giornalisti che hanno contribuito al successo del giornalismo Rai per poi scegliere La7. Da Lilli Gruber con Otto e mezzo, Giovanni Floris con diMartedì e Corrado Formigli con Piazza pulita, programmi di successo cui la rete di Urbano Cairo ha affidato l’approfondimento politico. Ad Alessandro Barbero, storico noto al grande pubblico grazie a Superquark, RaiStoria e infine Noos, che ha trovato a La7 lo spazio per realizzare In viaggio con Barbero, di cui è stato anche autore; come Aldo Cazzullo, vicedirettore del Corriere della Sera, con Una giornata particolare. Per finire con Massimo Gramellini che da Rai3 ha spostato a La7 formula e pubblico di In altre parole.